“È morto Guido Crepax: ‘Valentina c'est moi’
di Renato Pallavicini
All’inizio sono gli occhi. Stanno in cima alla nona tavola di una storia a fumetti che s’intitola La curva di Lesmo.
Una vignetta stretta e lunga, un primissimo piano su due occhi scuri,
segnati dal mascara e limitati da una frangetta di capelli. Accanto
un’altra vignetta analoga che inquadra due labbra carnose e subito dopo,
sotto, ancora un primissimo piano che mostra due mani, una maschile e
l’altra femminile, che si stringono. Tutta la storia, la cifra, lo
stile, il senso e il significato di Valentina e di Guido Crepax stanno
in queste tre vignette: basterebbero da sole a riassumere le migliaia di
pagine del grande disegnatore milanese, morto l’altra notte a 70 anni
appena compiuti.
Pagine che ha disegnato, facendo di una giovane fotografa (che in quella prima storia non è neppure protagonista) un’icona della cultura contemporanea, italiana e non solo. E facendo di se stesso uno dei protagonisti assoluti di questa cultura, oltre che un innovatore del linguaggio a fumetti.
‘Valentina c’est moi!’, ha più volte ammesso Crepax, parafrasando il Flaubert di Madame Bovary. E aggiungeva, durante un incontro con noi, nel 1994: ‘Anche troppo, ha i miei pensieri, è i miei pensieri. Io mi faccio e mi disegno da solo. O da sola’. Identificazione e proiezione, dunque, sguardo e riflesso: di sè e del suo mondo, quello di Crepax e della sua Milano. Milano di allora, non ancora ‘da bere’, inizi anni Sessanta, società affluente — si diceva — ma con già dentro qualche segno di crisi, qualche crepa. E molte inquietudini.
Nei salotti in cui Crepax fa muovere i suoi personaggi si agita una borghesia radical-chic che legge L’Espresso, formato giornalone, con le cronache ‘mondane’ di Camilla Cederna (ma anche con le denunce del sacco edilizio fatte dal fratello Antonio Cederna); che sugli scaffali delle librerie alle sue spalle allinea libri di Adorno e Trotzkij; che ascolta il jazz di John Coltrane o i concerti del violoncellista Pablo Casals (il papà di Crepax, Gilberto, era violoncellista e questo strumento apparirà più di una volta nei fumetti)**. Note raffinate e luci soffuse, bicchieri tintinnanti di whisky on the rocks, divani e oggetti di design, splendide creature femminili che hanno i corpi di modelle e indossano abiti optical alla Paco Rabanne e minigonne pop alla Mary Quant. Su questo sfondo agisce Valentina: bella, vitale, con gambe affusolate e un sedere che fa voltare la testa, con un caschetto di capelli neri tra Louise Brooks e le acconciature dei Vergottini, parrucchieri milanesi emergenti (anche la moglie di Crepax, Luisa, portava un’acconciatura a caschetto).
Ma questo è lo sfondo iniziale. Perchè poi, Crepax — come Alice — quello specchio delle meraviglie della società milanese lo attraversa. Dietro il levigato riflesso va a scovare sogni e incubi: sessuali, soprattutto. La Valentina Rosselli (a proposito: il cognome è un omaggio dell’antifascista Crepax ai fratelli Rosselli*), la timida fotografa milanese che si presenta al critico d’arte Philip Rembrandt (alias Neutron) nella prima avventura a fumetti, apparsa su Linus nel 1965, pagina dopo pagina, storia dopo storia si emancipa, diventa protagonista; e protagonisti diventano i suoi desideri, le sue passioni, persino qualche perversione. In tempi di femminismo, qualche anno dopo, proprio per queste ragioni Crepax non avrà vita facile. Le femministe, più o meno storiche, gli rimprovereranno di aver ritratto (soprattutto dopo la riduzione a fumetti de L’histoire d’O) una donna sottomessa, consegnata al piacere maschile e a fantasie sadomaso. Può darsi. Anche se Guido Crepax così si giustificava: ‘Ma Valentina è donna per intero. Piace e si piace, le piace il suo corpo e la sua nudità. Anzi direi che nei miei fumetti le figuracce le fanno più gli uomini, io sono sempre stato femminista e non a caso Valentina fa un lavoro, la fotografa che, allora, era esclusivamente maschile. Insomma — concludeva — non le ho fatto fare la solita parte dell’eroina a fumetti, tipo Dale Arden o Diana Palmer, sexy e fatali ma che poi finivano in cucina a lavare i piatti’. E sulle idee della sua eroina, e cioé di se stesso, aggiungeva: ‘Valentina è di sinistra. Trotzkista? No, credo non più. Sa com’è, il tramonto e la catastrofe delle ideologie... Sicuramente è antifascista, come lo sono io. Non pensavo — commentava Crepax nel 1994 — di dover tornare ad usare certe parole, di dover ricominciare a fare delle battaglie antifasciste. Ma questa seconda repubblica, questa nuova destra mi ci costringe. Sì, in questo caso mi sento manicheo e non mi pare che ci sia una possibilità di dialogo con chi dice che Mussolini è stato il più grande statista del secolo. E no, Fini l’ha sparata proprio grossa’.
Donna per intero, donna del nostro tempo, Valentina, che cambia partner, che ha un figlio di nome Mattia, che invecchia (secondo la carta d’identità a fumetti, che la fa nascere il 25 dicembre 1942, oggi avrebbe 61 anni), che per leggere deve mettersi gli occhiali da presbite: ‘ogni volta che la disegno — confessava Crepax — devo graffiare via la china dai suoi capelli per ingrigirli un po’ di più’. Donna e fumetto del nostro tempo, perché Guido Crepax, come pochi altri, ha saputo creare un fumetto contemporaneo: non ha inventato supereroi provenienti da pianeti lontani, non ha cavalcato territori sconfinati come le praterie del West o percorso orizzonti esotici come i mari del Sud. Tutt’al più si è spostato tra Piazza San Babila e la Torre Velasca con qualche puntatina all’estero (New York, Praga...), stravolto dai fusi orari e indolenzito dalle cattive arie condizionate dei jet. Contemporaneo perché ha raccontato il suo presente, aggiornandolo appena diventava passato, contemporaneo perché lo raccontava nei suoi piani fondamentali: quello della realtà e quello del sogno, quello della coscienza e quello dell’inconscio, magari sfruttando suggestioni letterarie e filosofiche da Kafka a Freud. Ma soprattutto Crepax, come accennavamo all’inizio, ha inventato un fumetto contemporaneo nel linguaggio: anzi, in qualche misura, anticipatore di linguaggi poi diventati consueti nel mondo del fumetto e non solo.
Sua originalissima cifra è la scansione della tavola, la frammentazione in vignette di differenti dimensioni. Con la sua matita-cinepresa Crepax indaga nei dettagli, inquadra particolari: un battito di ciglia, il dischiudersi delle labbra, il vibrare della punta di un capezzolo. È una tecnica, questa, che gli serve per cambiare il ritmo, della narrazione e della lettura, per introdurre tempi ‘altri’, magari quelli del sogno, delle passioni, del piacere e del dolore. Tecnica cinematografica, perchè il fumetto è parente stretto del cinema, ma soprattutto tecnica che si apparenta alla psicoanalisi e non solo perché le situazioni in cui si ritrova Valentina o altre protagoniste dei suoi fumetti sono ‘oniriche’.
Crepax, negli anni, ha rivelato, attraverso i sogni di Valentina, anche molto di se stesso. Si è scritto più volte che i suoi fumetti sono un trionfo del feticismo, pieni come sono di corpetti, legacci, tacchi a spillo, fruste e dominazioni. Ma questa è la superficie apparente, l’iconografia di un sogno che rivela, invece, qualcosa di più profondo e di più interessante, soprattutto sulla sua tecnica narrativa. Crepax è feticista perché predilige la parte per il tutto e fissa il suo sguardo su frammenti della figura e del corpo; perché sa che proprio quelle parti, quell’ossessività del dettaglio sono in grado di restituirci il tutto, il corpo e l’anima per intero.
Valentina, la bellissima Valentina, è morta con Guido Crepax. La retorica a cui non si sfugge in questi casi ci suggerisce frasi del tipo: ‘Ma Valentina non morirà mai, vivrà per sempre sulle pagine dei fumetti’; e però in questi anni, fatta salva qualche coraggiosa eccezione e qualche sparuta ristampa antologica (vedi scheda in alto), le sue storie sono uscite dal circuito di un’editoria miope ed i libri con le sue avventure sono finiti sugli scaffali dei remainders. La realtà è che Valentina è una di quelle creature che sono strettamente legate al loro creatore: come i Peanuts di Schulz o il Corto Maltese di Pratt. Un’altra Valentina, dopo Crepax, non è data. Davvero ‘Valentina c’est moi!’. Anzi, purtroppo, oggi, dobbiamo scrivere: ‘c’était’.”
Renato Pallavicini
A primeira versão deste texto foi originalmente publicada no jornal italiano L’Unità, por ocasião da morte de Guido Crepax em julho de 2003.
*NE: Carlo e Neri Roselli, ativistas antifacistas assassinados em 1937 por militares da La Cagoule, organização fascista francesa, provavelmente por ordem de Mussolini.
**NVP: E várias citações de música erudita moderna, desenho industrial e arquitetura moderna e antiga (entre várias outras coisas...).

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